Il frigorifero- di notte

Voglio dire prima  o poi smetterà di rompermi i coglioni ovunque io vada, e io proverò lo stesso sollievo che si prova quando in una stanza si spegne il motore del frigorifero, ma anche lo stesso sgomento inevitabile, e la sensazione, che lei certo conoscerà, di non essere sicuri di sapere cosa farsene di quell’improvviso silenzio, e forse di non esserne in fondo all’altezza.    

                  Alessandro Baricco

Oggi inauguro un’altra rubrica Emozioni da sentire. A volte mi sveglio la notte. Un tempo mi giravo e rigiravo, oggi mi alzo e lascio che ciò che emerge possa uscire. Di solito faccio un gran giro di pensieri apparentemente senza un senso ma torno sempre a letto con una risposta e una consapevolezza in più e poi riesco a riposare. Siccome sono tante le persone che incontro che faticano a dormire voglio raccontarvi la  mia strategia.

 A volte la notte è davvero l’unico tempo per ascoltarci profondamente senza distrazioni. 

Ore 2.59. 
Sveglia da un po’ ho preso il telefono, guardato mail e messaggi. Ho caldo e sete.
La notte quando mi sveglio scrivo. Lo faccio da tempo ormai e dopo posso riprendere a dormire. La notte emergono informazioni, stimoli, salgono alla coscienza storie nuove o molto vecchie, mie o di altri e questo non importa affatto, storie comunque che hanno bisogno di qualcuno che le ascolti e io le ascolto. Per ascoltarle bene mi aiuta scrivere. Scrivendo posso parlare tra me e me e lasciarne traccia per il giorno. 
Che accade? Mi domando mentre ascolto il rumore del vento e del mare mosso, dietro le finestre. 
Sento lo scricchiolare della ghiaia sotto i passi di qualcuno fuori, per strada a questa ora della notte. In casa sento rumori di respiro profondo. Io sono in mezzo tra chi dorme e chi sta già andando al lavoro forse o rientra a casa. Sono qui seduta sul divano, sempre scomoda. Chissà perché non riesco a sedermi comoda. Basterebbe scegliere di farlo. Ok lo faccio. Riposiziono il cuscino, mi sollevo, mi raddrizzo, spingo indietro il bacino e poi scivolo un po’ in avanti. Per trovare la posizione comoda bisogna spostarsi e cambiare qualcosa fino a che non ci sentiamo davvero bene. Respiro. Era un po’ che trattenevo l’aria dentro. Anche questo mi capita spesso, come se non dovessi far sentire che ci sono. Non dovessi fare rumore. Ho paura di svegliare gli altri, di essere rimandata a dormire. Ma io ora non ho sonno. Ora per me è il tempo di scrivere. La notte è il tempo migliore. L’unico in cui posso stare sola con me e in ascolto solo di me. Ho bisogno di farlo. Il mare si muove e la lancetta dei secondi scandisce il tempo che passa. Ho bisogno di un tempo fermo e silenzioso tutto mio. 
Mi accorgo solo ora che non era silenzioso in realtà. Appena l’ho scritto si è fermato il rumore del frigo. 

Un rumore di fondo che avevo dimenticato esistesse. A volte ti accorgi delle cose solo quando smettono di esserci. Prima erano così perennemente presenti da sembrare la base della tua vita anche se in realtà non lo erano. A volte si incastrano nella tua vita dei rumori di fondo che regolano e condizionano ogni tua azione e tu non sai neppure che esistono. 

Ora c’è silenzio. Rifletto sul frigo e i suoi spunti di giorno e di notte. Rifletto su di me e sulla vita e su come tutto sia diverso alla luce del sole e alla luce della luna. E mentre dico questo la mia pancia brontola, il mento prude, mi accorgo che le mie gambe si stringono l’una contro l’altra. I piedi sono bollenti appoggiati sul divano. Cerco un po’ di fresco. La testa prude. Ogni volta che ascolto il mio corpo e contemporaneamente lascio scorrere fluidi i miei pensieri sento nella mia testa movimento. Nuove connessioni, nuove organizzazioni interne. Come se stessi riordinando dentro di me, ridistribuendo le informazioni, scegliendo nuove disposizioni dei cassetti, trovando nuovi legami tra le mie parti, dando nuovi significati. 
E intanto si è fatta strada una domanda che ormai è presente sempre in questi spazi con me: Cosa provo? Quale emozione mi attraversa ora?
 Respiro. 
Ero di nuovo in apnea. 
Respiro.
 É strano. Io so sempre esattamente tutte le sensazioni presenti nel mio corpo ma non sempre so identificare le emozioni. Resto in ascolto. Respiro. Prendo tempo. E’ l’ora di far parlare la grande e la piccola. Cosa accade? Respiro. Che emozione provo? Non so. Mi prudono il collo e le orecchie, digerisco qualcosa. Respiro. Resto in ascolto. Respiro ancora. Il viso inizia a farsi più fresco, il prurito si sposta sulla nuca e sulle caviglie, sulla guancia destra, sotto il tallone sinistro. Respiro. Resto in ascolto. A volte le persone mi chiedono come faccio a sapere cosa sta accadendo. Ed é per questo che condivido questi miei momenti notturni. Perché non serve fare nulla di difficile in realtà. 

Basta permettersi di stare con noi stessi. Darci tempo e attenzione. A volte ne abbiamo bisogno anche noi. 

Respiro. I pensieri si incastrano. Li lascio arrivare e andare. Non c’è nulla da mandare via, non c’è nulla da trattenere. Respiro. E intanto la testa si fa sentire. Le orecchie si fanno sentire. Continuo a sentire forte il mare. Quanto lo amo. Così mutevole e potente. Sempre in movimento. Come me in fondo. A volte calmo e limpido a volte impetuoso, imprevedibile, torbido. A volte puoi vedere il fondo e tutto ciò che contiene, a volte ti travolge, ma puoi sempre galleggiare su di esso se ti affidi e ti lasci muovere.
 Oggi ero al mare. Mi sono tuffata tra le onde sotto e sopra come quando ero bambina mi sono lasciata spostare dalla corrente. Ogni modo di prendere le onde mi insegna qualcosa di me. Tu come prendi le onde? Come ami il mare?
Ma non ho ancora capito che emozione provo ora, mentre prurito e calore continuano a viaggiare sulla mia pelle e dentro di me. Prurito e calore. Ok. Respiro. Smetto di scrivere. Poso il telefono e ascolto. A volte serve più tempo. Sono le 3.27. Respiro. Mi guardo intorno nel buio della stanza. Vedo le sfumature degli oggetti intorno a me. Respiro. Il fuori mi attira sempre più del dentro eppure è il dentro che vorrei conoscere ora.
  Perché mi sono svegliata a quest’ora della notte? Perché sono qui seduta sul divano a scrivere invece di dormire? Perché non riesco a sentire quale emozione mi stia attraversando ora? 
Mi viene da dire che sono tranquilla ma so che non è così. Ormai sono abituata a riconoscere quando le persone mi dicono di stare “bene” e non c’è proprio nulla di vero in quella parola. “Capirai che difficile… ” mi dice quella parte di me critica e svalutante che ogni tanto si fa viva nella mia vita. “Si hai ragione. Niente di speciale ma ora so che mentre dico che sto bene una strana pressione al petto mi sta dicendo completamente altro”. 
Cosa mi dice? Che ho qualcosa che mi stringe. Lo tolgo. Sta cambiando la forma del mio corpo. 

So che in me sta accadendo qualcosa. Quando il corpo si trasforma è perché si sta trasformando il modo di stare nel mondo e di relazionarsi alla vita. 

Lo so. 

La mia forma del corpo é cambiata solo due volte. Una quando sono diventata donna verso i 14 anni e una quando sono diventata mamma a 32 anni.
Entrambe le volte sono tornata poi quella che ero prima. A 14 anni ho iniziato ad avere paura delle mie forme. Mi ero ammorbidita. Un po’ di seno e un po’ di fianchi. Ricordo quell’estate. Il primo bacio. Il primo amore. Prima ero stata innamorata a scuola, lo ricordo bene, ma tutto restava dentro di me o al massimo su qualche bigliettino scritto a matita o sulle pagine del diario che poi puntualmente buttavo per paura che qualcuno potesse leggerle. Oggi non mi importa più. Anzi sono anche felice se qualcuno si prende la briga di leggere ciò che scrivo, i miei deliri, i miei sfoghi. Chissà perché prima non volevo e oggi che forse non sono più nemmeno appropriati non mi vergogno più. 

Vergogna. 

Ecco cosa ho provato sempre. Quando non so che cosa provo è la vergogna che fingo di non provare. Eccolo il mio rumore di fondo al quale sono così abituata da non essere più capace di riconoscerlo. Vergogna di cosa? Di essere come sono. E cosa c’è da vergognarsi? Oggi non c’è più nulla. Ma c’è stato. Vedere lo sguardo critico delle persone intorno a me quando esprimevo qualcosa che per qualcuno  era inadeguato mi ha fatto sentire sbagliata e ho cercato tutta la vita di essere migliore, diversa. Oggi so che questa spinta al miglioramento è buona e cattiva insieme come tutte le altre cose che ci sono nella vita. Tutto è buono e cattivo, sempre. Tutto. Ogni cosa. Questa è la bellezza. In ogni cosa ci sono due facce. E io ho imparato negli anni a guardarle entrambe e dare ad entrambe il loro valore e il loro spazio. Per questo oggi non mi vergogno più di avere un davanti e un dietro, un sopra e un sotto, una destra e una sinistra, di essere buona e cattiva, di essere bella e brutta, e di essere tutte le sfumature in mezzo. Non mi vergogno più ne’ dei miei pensieri, ne’ delle mie azioni. Resto in ascolto e mi concedo di essere presente e riflettere, di scegliere e non reagire. Di fare i passi indietro quando é necessario. Mi concedo di essere me al 100% e di amarmi come amo il mare. Ricordando che a volte posso essere calma e a volte sono impetuosa, ricordando che posso essere tranquillizzante e a volte posso fare paura. Ricordando che a volte posso affidarmi totalmente e a volte posso essere più concentrata a scegliere con attenzione tutti i miei movimenti. Ci sta tutto. E se ora ascolto la pressione? Ora è molto lieve ma c’è ancora. Capita a molti. 

Ad un certo punto senti come se non potessi respirare pienamente. Ma poi se lo fai in realtà ti accorgi che è solo un’idea. Oggi puoi respirare. Fallo. Un po’ alla volta, piano, senza forzare. 

Ogni respiro ti accorgi che è un po’ più profondo. Un po’ più possibile. 

Ho sete e caldo, ancora, come all’inizio. È caldo e ho mangiato una pizza molto saporita ieri sera. Ho bisogno di bere molta acqua.

 Mi alzo e bevo. Respiro ancora. Vado a dormire. Sono le 3.59. Ho passato un’ora con me. Ad ascoltarmi. Buonanotte.

 Sara
 
 P.S. quale è il tuo rumore di fondo? 
 
senza vergogna
 Ciao! 
Mi occupo di nutrizione intuitiva, emotiva e simbolica. Invito ad ascoltare le emozioni dietro alle azioni e i messaggi dietro alla forma della nostra vita, al come si manifesta, alle cose che possiamo vedere intorno a noi. Sono sempre stata una ricercatrice e da quando è nato il mio bambino il laboratorio sono diventata io e la mia vita.Oggi non coltivo più cellule in vitro, coltivo in vivo le mie e quelle di chi mi sta accanto con ciò che sento buono di volta in volta. Il fine dei miei esperimenti è il benessere, la felicità e la possibilità di contribuire a modo mio. 

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