
L’individuale e’ collettivo
Prima di essere collettivo siamo individui e se gli individui sono in guerra anche il collettivo lo è.
Come possiamo dialogare con la diversità se le nostre stesse diverse parti, nate per essere un unico, non riescono a mettersi d’accordo?
Quali sono le ragioni per cui è così difficile?
Perché richiede pazienza e impegno, perché richiede di stare nell’incertezza e non avere spiegazioni e soluzioni immediate, perchè nessuno può prendersi la briga di scegliere per tutti o di dire che la sua verità/ esigenza/ bisogno sia più importante o prioritario rispetto a quello di un altro.
Diventare un unico che funziona davvero in modo armonico richiede tempo e il sincero desiderio di riuscirci e la fiducia e sicurezza di poterlo fare.
E’ necessario sia crederlo possibile che sentirlo inevitabile. E’ necessario portare fuori la propria voce quando qualcosa di significativo non sta funzionando per noi e stare in silenzio quando non abbiamo nulla da dire.
Io lo sento così e sono solo un individuo, una cellula di questo grande organismo che ovviamente non è fatto solo di uomini ma é fatto anche di animali e piante di rocce e mari, di fuoco e vento.
Io sono solo una ma comunque fondamentale come chiunque altro e allo stesso tempo tranquillamente sostituibile se non mi concedo di partecipare alla vita con l’intento di occupare il mio spazio, quello che mi compete, quello che mi accende, che mi appassiona che mi rende viva.
Ogni individuo è solo un individuo, ma il collettivo si costruisce di ognuno di noi, che ci piaccia o no, non c’è cosa meravigliosa che possiamo fare prima di essere ciò che siamo e occuparci di scoprirlo vivendo e ascoltandoci e mentre lo facciamo ci relazioniamo al mondo intorno a noi, agli altri esseri tutti e all’ambiente intero che ci ospita e nutre e possiamo farlo solo in ascolto rispettoso di ciò che da essi arriva.
L’individuale è collettivo. La cellula singola deve essere sana perché il corpo possa esserlo. Non può esistere un corpo sano fatto di cellule malate. E’ biologia.
Il nostro corpo di donne forse ancora più intensamente ci chiede di riflettere su questo nostro essere sane o meno, ci chiede di rallentare a tratti per sentirci meglio, per non farci distrarre dal fuori che così intensamente preme per muoverci anche quando non siamo pronte.
Quel fuori sta facendo la sua parte a spingere esattamente come noi facciamo la nostra a rallentare quando serve.
Non sono in contrasto, queste parti sono solo mosse da esigenze e stimoli differenti che esistono entrambi, insieme a infiniti altri ed è qui che si crea il dialogo tra le esigenze e i bisogni di tutti.
Ognuno percepisce quello che può percepire e se, nella fiducia e nell’amore, noi tutti, ci concediamo di credere che ogni spinta venga con un fine di senso, possiamo, senza prendere nulla sul personale, dialogare con il cuore aperto, pronti a cambiare un po’ quello che pensavamo dovesse essere, senza però perderci e lasciare completamente cadere ciò che comunque desideriamo portare avanti.
Servono anche individui che si prendano il tempo per sentire sia se stessi che gli altri. Lo fa chi può perché qualcuno é troppo impegnato a sopravvivere, per poter portare attenzione ai dettagli dell’esistenza, che sia sentita o pensata. Non per questo chi nasce con la possibilità di riflettere sulla vita e sentirne le sfumature sottili dovrebbe sentirsi inadeguato, perché non rischia la vita ogni giorno e rinunciare a quello che è il suo compito.
Ognuno è dov’è per fare un’esperienza e portare un contributo. Attraverso il suo vivere e imparare tutti impariamo perché siamo una cosa sola. Possiamo onorare la saggezza infinita delle piante che vivono in questo pianeta Terra da molto prima di noi esseri umani e di tutti gli animali non umani, in fondo noi siamo gli ultimi arrivati, siamo i bambini di questa comunità eppure ci arroghiamo il compito di governarla alterandone gli equilibri.
Partire da se’ non vuol dire né essere egoisti, né disinteressarsi dei problemi degli altri, né credersi superiori i migliori, vuol dire solo essere consapevoli che non possiamo sistemare fuori qualcosa che non abbiamo prima sistemato dentro, perché altrimenti l’energia con cui ci portiamo resta quella della battaglia, della lotta e della guerra che forse vorremmo far cessare o almeno io lo voglio.
E’ nella pratica che possiamo effettivamente agire. Per quanto apparentemente piccola e insignificante possa sembrare la nostra esistenza, compiamo il nostro scopo rimettendoci al nostro umile posto di singole cellule di un organismo estremamente complesso e ricco di diversità. Solo così possiamo contribuire al nuovo equilibrio che la vita chiede. L’organo umano che siamo qui a costruire insieme deve ancora scoprire con chiarezza la sua funzione, deve ancora specializzarsi e differenziarsi del tutto. Siamo una specie in via di sviluppo, diamoci il tempo di imparare.
Tornando a celebrare ogni attimo della nostra vita come sacro restituiamo al tutto la stessa sacralità e questa è una possibile via tra le tante possibili per nutrire la vita.
Siamo cellule di un unico organismo.
La cellula singola deve essere sana perché il corpo possa esserlo. Non può esistere un corpo sano fatto di cellule malate. E’ biologia.
Se vuoi ascoltare dalla mia voce

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